Se c'è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino,
dovremmo prima esaminarlo bene
e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi.
(Carl Gustav Jung)
Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano.
(Antoine De Saint-Exupèry)
Consulenze psicologiche e sedute di psicoterapia per Bambini
Nel caso di un bambino molto piccolo (da 0 a 2 anni) è sempre fondamentale osservare la relazione tra il bambino e i suoi genitori (in particolare la madre). I primi mesi di vita sono importanti e delicati: non nasce solamente un figlio, ma, nel caso di un primogenito, nascono anche un padre ed una madre e quindi cambiano in modo significativo le dinamiche che si erano precedentemente instaurate nella coppia. Quando ci sono dei fratelli più grandi queste dinamiche variano ancora di più: da un lato i genitori si sentono già abbastanza forti per l'esperienza che hanno avuto in precedenza (hanno sviluppato ciò che viene chiamato "funzione materna" e "funzione paterna"), dall'altro lato hanno la sensazione di togliere ad un figlio ciò che danno all'altro e faticano a sentirsi genitori adeguati in ogni situazione...
Siccome esiste una dipendenza fortissima del bambino molto piccolo dai suoi genitori, i disagi che possono sorgere nel primo periodo di vita possono essere affrontati in modo opportuno solo lavorando sulla relazione tra il bambino e i suoi genitori (ed in particolare la madre). L'incontro tra un neonato ed i suoi genitori è una fase delicatissima: il piccolo può comunicare solo attraverso canali non verbali (inizialmente il pianto, lo sguardo, alcune azioni motorie). I suoi segnali non sono univoci, quindi spesso risultano non immediatamente comprensibili ai genitori che possono leggerli soltanto attingendo dal loro mondo interiore. Se i genitori e il piccolo riescono a trovare una buona sintonizzazione, ad esempio la regolazione corporea del neonato si costruisce su una solida base (ossia tutto fila liscio con l'alimentazione e con il sonno), la situazione è nella norma. Se invece c'è qualcosa che impedisce una buona sintonizzazione (depressione post partum della madre, prevalere di un senso di estraneità rispetto al proprio piccolo, difficoltà a tollerare l'estrema dipendenza iniziale del piccolo e il suo stato di bisogno, fatica nell'accettare la trasformazione della propria vita che la nascita di un neonato comporta), i primi segnali possono emergere nella forma di anomalie e di difficoltà rispetto al mangiare o al dormire da parte del neonato, di difficoltà a lasciarsi consolare, di pianto inarrestabile. Se nulla di fisico è alla base di queste manifestazioni (nel senso che il pediatra non rileva cause organiche alla base), allora è fondamentale affrontare la problematica sul piano della relazione tra genitori e bambino. Ed è importante farlo al più presto affinché sia il piccolo che i suoi genitori possano uscire da uno stato di malessere più o meno profondo. In particolare per quanto riguarda i genitori, essi potranno provare un senso di frustrazione, sofferenza per la condizione del bimbo e per la propria, sentirsi incapaci o insicuri... Gli interventi rispetto a questo tipo di situazioni esitano abbastanza sovente in cambiamenti piuttosto rapidi che producono un viraggio della condizione problematica verso uno stato di benessere sia per il piccolo che per i suoi genitori. Questo proprio perché tali interventi avvengono in un periodo di generale trasformazione per la madre e per il padre sia come singoli che come coppia e proprio perché riguardano un bambino che essendo così piccolo è nel pieno delle sue possibilità trasformative.
Quanto detto finora vale per il neonato nei suoi primi mesi di vita fin verso l'anno. Dopo i primi mesi, ed in particolare dall'uno ai due anni, alcune acquisizioni fanno la loro comparsa se tutto procede tranquillamente: il bambino, di solito dopo aver iniziato a gattonare, comincia a muovere i primi passi, dice le prime parole, si muove curioso nell'ambiente circostante per esplorare, interagisce con iniziativa sia con familiari che non. Quando qualcosa non va per il giusto verso, le manifestazioni di disagio possono assumere molteplici forme che si traducono in un rallentamento o in un blocco nel passaggio da una tappa evolutiva all'altra.
Anche nel caso di un bambino dai due anni circa in su il coinvolgimento dei genitori è una condizione necessaria affinché l'intervento abbia successo. La richiesta infatti non può che partire dai genitori, perché possono essere solo loro a decidere di dare ascolto alle manifestazioni di sofferenza del proprio figlio (per quanto, in alcuni casi, i genitori possano ricevere il suggerimento di rivolgersi da uno psicoterapeuta da parte del pediatra curante o dalla scuola). Il bambino inoltre si presenta, come è naturale che sia, dipendente e influenzato dal mondo adulto circostante, in primo luogo dal mondo familiare: un intervento che non tenga in debito conto il fondamentale e irrinunciabile apporto dei genitori è a mio parere scorretto e dannoso.
È importante tenere a mente che ci possono essere degli aspetti di disagio naturali e passeggeri in un bambino che stia attraversando per esempio una nuova fase di vita. Al tempo stesso nell'infanzia un intervento è tanto più efficace quanto più è tempestivo. Questo significa che stare un attimo in osservazione cercando di comprendere cosa stia succedendo al proprio bambino senza farsi assalire dall'angoscia è importante, se ciò non si trasformi in una difficoltà a cogliere un disagio che sta rischiando di stabilizzarsi. Meglio togliersi dubbi e eventuali angosce rispetto a una certa manifestazione del proprio figlio che sottovalutare come se nulla stesse accadendo. E questo a maggior ragione vale per un bambino, che ha il grande vantaggio di superare le proprie difficoltà, se opportunamente supportato, assai più velocemente e con risparmio di sofferenze rispetto ad un adulto (la cui struttura psichica è inevitabilmente meno flessibile).
Le manifestazioni di disagio dei figli che più sovente portano i genitori a rivolgersi ad uno psicoterapeuta (non sto parlando di patologie ma di segnali importanti di stati di sofferenza, il cui senso va compreso caso per caso) sono:
* Le paure che, se protratte, assumono rilievo significativo e finiscono per limitare l'autonomia, la socializzazione o altri aspetti della vita del bambino (paura di andare a scuola, paura del buio, paura immotivata di perdere una persona vicina, paura di una specie animale)
* Gli stati di ansia (timori eccessivi del giudizio dell'adulto e dei rimproveri, preoccupazione di non essere all'altezza, angosce di separazione)
* Le situazioni di blocco emotivo (difficoltà a esprimere le proprie risorse cognitive e affettive, inibizioni di varia natura)
* Difficoltà che coinvolgono l'alimentazione (rifiuto del cibo, desiderio smodato di mangiare, obesità infantile)
* Difficoltà che riguardano la defecazione o la minzione (encopresi, enuresi)
* Difficoltà che coinvolgono il sonno (incubi notturni, angoscia nel rimanere soli nella propria cameretta, difficoltà ad addormentarsi)
* Manifestazioni di aggressività (verso i coetanei, verso bambini di età diversa, verso uno o entrambi i genitori, verso un fratello o una sorella, verso altre figure adulte, indirizzate verso se stessi)
* Difficoltà a mantenere l'attenzione (a scuola, in qualsiasi contesto, insieme ad agitazione motoria continua)
* Problemi connessi al linguaggio (ritardo nell'acquisizione della parola, tendenza a parlare come bambini di età inferiore alla propria)
* Problemi di apprendimento (ritardo nell'apprendimento della lettura o della scrittura, difficoltà rispetto alla logica, ritardo nell'apprendimento della matematica)
* Problematiche relazionali: timidezza spiccata, stati di isolamento
Ci sono poi alcune situazioni di vita che il bambino può trovarsi ad affrontare, che portano i genitori a chiedere un supporto rispetto a quella specifica fase o a quel determinato evento, per esempio
* Gelosie conseguenti alla nascita di un fratellino o una sorellina
* Situazioni di separazione della coppia genitoriale
* Malattia grave o morte di un genitore o di un'altra persona emotivamente vicino al piccolo
Quando un bambino presenta problematiche che coinvolgono la sfera fisica o una funzione fisiologica (per esempio problemi di alimentazione, problemi del sonno, encopresi, enuresi), la collaborazione con il pediatra curante (previo consenso dei genitori) è una condizione di lavoro essenziale. A seconda della difficoltà manifestata può essere necessario coinvolgere altri professionisti come per esempio un neuropsichiatra infantile o un logopedista.
I vostri figli non sono i vostri figli.
Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi.
E non vi appartengono benchè viviate insieme.
Voi siete gli archi da cui i figli, le vostre frecce vive, sono scoccati lontano.
L'arciere vede il bersaglio sul sentiero infinito,
e con la forza vi tende, affinchè le sue frecce vadano rapide e lontane.
(Khalil Gibran)